di Lorenzo Santetti
Nei giorni scorsi abbiamo assistito in Italia alla chiusura di una serie di attività senza che vi fossero evidenze sulla loro responsabilità nell’aumento dei contagi. Attività che hanno investito per mettere in pratica i protocolli di sicurezza. Attività culturali e di ristorazione. Attività non necessarie. Ma non necessarie per chi? Ovviamente necessarie per chi, quelle attività, le gestisce e grazie alle quali fa campare se stesso, i suoi dipendenti e la sua famiglia. Ma non è su loro che vorrei concentrarmi. Guardiamo la cosa dal lato della domanda. Guardiamo a chi, dopo una giornata di lavoro, non vede l’ora di andarsi a prendere una birra con gli amici, per staccare da quello sforzo mentale che gli viene richiesto quotidianamente per essere produttivo. Guardiamo a chi, dopo una giornata di lavoro, non vede l’ora di andare in palestra, a scaricare lo stress accumulato durante la giornata. Guardiamo a chi, dopo una giornata di lavoro, non vede l’ora di andare al cinema o a teatro. Guardiamo ai ragazzi che si sono visti negare la possibilità di aggregarsi e fare sport. Tutte attività che rendono la vita Vita. Dobbiamo dunque definire l’attività di vivere un’attività necessaria? Cos’è dunque necessario? Quali bisogni dovremmo soddisfare per dirci vivi? Maslow identificava una gerarchia di bisogni che si articola in 5 tipologie:
• Bisogni fisiologici: Sono i bisogni connessi alla sopravvivenza fisica dell’individuo. Sono i primi a dover essere soddisfatti a causa dell’istinto di autoconservazione.
• Bisogni di sicurezza: Devono garantire all’individuo protezione e tranquillità.
• Bisogni di appartenenza: rappresenta l’aspirazione di ognuno di noi ad essere un elemento della comunità.
• Bisogni di stima: L’individuo vuole sentirsi competente e produttivo.
• Bisogni di autorealizzazione: Si tratta dell’aspirazione individuale a essere ciò che si vuole essere sfruttando le facoltà mentali e fisiche.
Stiamo pertanto decidendo che, in caso di pandemia, si debba esclusivamente soddisfare i bisogni base – fisiologici e di sicurezza? Sia chiaro, sono convinto che coi numeri attuali le chiusure totali siano una misura necessaria, e provo non poca rabbia pensando che, con mesi di preparazione a disposizione, ci si sia fatti cogliere “di sorpresa”. Sorvolando su ciò, mi chiedo cosa ci si aspetti dal futuro prossimo. Vorrei capire cosa è necessario e cosa no. Mi guardo intorno e scorgo pensieri abominevoli, per cui “necessario” è solo ciò – o colui che – produce qualcosa. O anche sembra che “necessario” sia il consumo sfrenato di beni, motivo per cui le cattedrali del consumo restano aperte. Siamo perciò necessari nella misura in cui siamo ingranaggi del sistema di consumo? Persone da gettare non appena non serviamo più? Non credo che debba essere così, credo anzi che dovremmo soffermarci sul significato di ciò che da senso alla vita di ognuno, al di là del mero aspetto economico. Ok, è un po’ strano detto da qualcuno che fa il dottorato in economia, ma il punto è che l’economia e il lavoro devono essere uno strumento che permetta all’essere umano di vivere una vita piena e serena – non parlo di significato perché non credo che la vita abbia senso di per sé, a meno che non si sia noi a trovargliene uno. Oggi viviamo in un mondo, e la pandemia ce lo sta mostrando, in cui è l’essere umano ad essere al servizio dell’economia, restando schiacciato dai suoi stessi meccanismi, che spingono a essere produttivo, competitivo, necessario.
È possibile creare un mondo in cui si lavori per vivere, anziché vivere per lavorare?