di Dora Pistillo
Apprendo ora di un altro decesso. Una creatura di 6 mesi in mezzo al Mare Nostrum. Come forse avrete inteso da altri scritti, io non capisco. Una vicina di casa molesta, a pomeriggio, ha aggravato pesantemente il mio già stabile mal di testa quotidiano. Spudorata e senza rimorso è tornata alla carica e non capisco perché lo faccia. Ma questa cosa che i bambini muoiano così, in mezzo al mare è una cosa che davvero non capisco.
Ho lasciato l’insegnamento. Proprio l’anno in cui tutti pensavano, s’illudevano, speravano facessi la meritata domanda per partecipare al concorso per la stabilizzazione. Non mi capiscono, ed io non capisco come non riescano a capirmi e a continuare a farsi film su stabilizzazioni lavorative quando soffro perché, per me, il lavoro nella scuola pubblica italiana non serve a niente finché, sistematicamente, si firmano carte che non corrispondono al vero (questo non lo affermo io ma i vari articoli che trovate in giro riguardo i risultati invalsi e altre simpatiche statistiche e studi pubblicati da varie università, riguardo i diplomati italiani, da decenni a questa parte). Ma questo è un non capire diverso da quello generato dalla notizia di un minuscolo naufrago.
Non capisco in virtù di quale incredibile circostanza una come me, che non riesce mai a incontrare le generose aspettative altrui e non riesce a godere della benevolenza da parte di ignoti, possa riuscire a trovare un’occupazione delle proprie capacità. Ma come è possibile, su questa terra, che un bambino di 6 mesi debba finire così? Non è l’unico, forse nemmeno l’ultimo dei bambini che si trovano a rischiare e a perdere. Ma come gli altri umani adulti non abbiano fatto rete per garantirgli quanto più possibile la salvezza? Non capisco. Come si potrà affrontare la preparazione al Natale? Come si può continuare a progettare una qualunque cosa? Ma questa gente che scappa, se ne andrebbe in questo modo da dove è nata se fosse un posto diverso? Questa donna che scappa portando con sé non una valigia, ma una gravidanza… perché non aveva la sensazione di poter rimanere a casa sua nel periodo più delicato per la sua creatura? Ma questi “perché” troveranno mai una risposta? C’è gente che ancora, nel 2020 pensa che una donna è strana o lesbica se non ha uno straccio di compagno, un figlio o la volontà di farne. Poveri ignoranti, ottusi e invasati di sciocchezze. Non si azzardino a replicare, perché i testi per argomentare li ho e sono preparata, loro sanno solo tirar fuori budella da un pollo per impressionare i mendaci e i violenti. Che sapete del dolore di ognuno? Cosa c’entra l’orientamento sessuale di una persona con il desiderio di mettere al mondo delle persone? Io non capisco.
Una donna può decidere di rivelare una nuova vita dicendosi che sia il suo compito, il corso naturale delle cose, che vuole un riscatto attraverso un’altra esistenza o che non vuole restare sola. Può farlo per soldi, per dare voce ad un potenziale, per avere potere su qualcuno o sulla Vita. Una donna può vivere una gravidanza malgrado la sua volontà. Ma se una donna non ha figli e non ne programma la venuta, difficilmente lo fa a cuor leggero. E a prescindere dal proprio orientamento sessuale. Ma quella donna che si contorce a bordo di un gommone urlando che ha perso il suo bambino. Io non capisco.
L’8 dicembre è un fondamento del culto cristiano. Una dimora in carne e ossa, senza macchia, per l’incarnazione del verbo. Ma senza Giuseppe – uno il cui merito era esser un uomo comune –, custode di Madre e Figlio, cosa sarebbe stato? Quando si capirà che una sola vita, ogni singola vita, vale tutto il mondo? Io non capisco. Ma, più di tutto quel che ho già messo su carta, non capisco il perché non si riesca a mettere una pezza alle ferite profonde, infette e grondanti dell’Umanità.
Soffro di una sofferenza che non tace. Una sofferenza che non serve a nessuno, che non mi permette di tenere accese le fonti di trasmissione delle notizie quotidiane, di dormire bene, di sperare che possa essere diverso, di desiderare altro nella vita, di respirare godendo del movimento della mia cassa toracica e del pulsare del mio cuore. Soffro e non capisco.
Il titolo originale, “Un Natale senza Joseph”, la diceva fino in fondo…
P.S.: della sofferenza-da-sensibilità ce ne possiamo fare qualcosa!
Si, pasticcio mio con i nomi dei file (i pasticci che invento con i nomi file e le estensioni, in condizioni di normalità sarebbero oggetto di psicanalisi ;) ). Non si può rimediare a tutti i propri errori e non si può pretendere riparazione a tutto. Meglio cercare di dare valore alle esperienze passate.