Di Dora Pistillo
Scrivo per metabolizzare. Perché il satori del giorno è che chi ti ama, ti ama comunque, qualunque cosa succeda, qualunque cosa venga detto su di te (vera, falsa o confusa, per ottenere credibilità). Qualunque cosa ti sia fatto, qualunque aspetto tu abbia. Chi non riesce ad amarti, non ce la farà, fossi anche la cosa più bella al mondo.
Gatto Nero, incontrato su un marciapiede, steso come fosse un maglioncino perso per strada da un passante. Sconosciuto dal mantello celestiale e bellissimo, nero con riflessi rossi. Inerme in mezzo al passaggio. Persone che gli camminano accanto e non lo scansano. Lui fermo. Invisibile come le cose belle che non sono comprese. Uno straccio di gatto. Mi fermo e gli chiedo “gatto, cosa è successo? Gatto, ti prego, cosa posso fare?”. Ma la risposta la riceve il mio cuore e timorosa lo accarezzo, sento che è vivo. Vado al bar, qui la faccio breve per carità, ottengo della carta da un rotolo ed una scatola. Provo a contattare un veterinario, non è distante, ma vorrei sapere come comportarmi. Fatto sta che copro il gatto, è freddo. Gli accarezzo il capo, avverto dei piccoli movimenti nel suo corpo, pian piano avverto anche il sangue pulsare nella sua piccola testa. Trovo il coraggio di sollevarlo e me lo porto a casa, in attesa che apra lo studio del veterinario.
Vado a visitarlo dopo un’ora circa da quando l’ho lasciato. Trauma cranico. Ma è vivo e reattivo, dondola per via dei danni, ma potrebbe farcela. Invece, in serata, mi chiamano perché non ce l’ha fatta.
Ho fatto il possibile, mi ha conosciuta e io ho conosciuto lui. Mi volevano dissuadere dall’occuparmene, come fosse già cosa morta. Aspettavano qualcuno che caricasse il suo piccolo corpo, senza appurare se fosse possibile salvarlo. Senza un gesto di pietà, senza una carezza che gli comunicasse che era amato.
Della sua piccola vita gatta non so nulla. Come delle tante vite sul pianeta che iniziano e finiscono a mia insaputa.