“Picchì un t’ammazzi?!?” questa mattina è il grido di battaglia degli automobilisti di zona via Sampolo-Laurana (Palermo). […] Nulla da dire […].
C’è un pezzo di Nietzsche che amo moltissimo e che cito spesso ai miei pazienti…
“Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: «Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!». Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato?” (F. Nietzsche, La gaia scienza).
…E quindi, nella fatica di vivere, ci affanniamo un po’ tutti automaticamente a riprodurre soliti copioni?
Come dicevo qui, c’è in effetti una difficoltà a formulare “pensieri selvaggi” (W. Bion), furibondi, utilmente indignati che possano restare fastidiosi e non addomesticati. Soprattutto poi c’è una difficoltà a prendersi la responsabilità di essi stessi. Tipo Fantozzi che alfine viene sedato dal piacere e dal potere e, dopo un momento illuminato, torna come prima: passivo, scollegato dal pensiero, prono al potere. Frittatone di cipolle, Moretti familiare, Europei e via! Si va avanti! Del resto, la colpa sarà stata del Folagra, “la pecora rossa della ditta”, mica di quelli che “l’han sempre preso per il culo”! Mica quei pensieracci e quel mattonaccio di insulto alla megaditta saranno stati suoi……
Il “pensiero selvaggio” “non è, per noi, il pensiero dei selvaggi, né quello di un’umanità primitiva o arcaica, bensì il pensiero allo stato selvaggio, distinto dal pensiero educato o coltivato proprio in vista di un rendimento” (Claude Lévi-Strauss). Quello da cui l’uomo Fantozziano si tira indietro.
E in effetti di questi pensieracci possiamo ancora farne? Sappiamo ancora farne? E poi prenderci la responsabilità di essi? O la studentessa XXX è morta a causa del vaccino, punto, e va bene così? Non è che forse ci servono dei pungiball come nella boxe? E va bene pure che un quotidiano come Repubblica cerchi di coinvolgere lettori e abbonati inaugurando una nuova rubrica sui tradimenti amorosi. E noi zitti e muti e alla ricerca di pungiball palliativi e pavidi, “fatti in casa per voi!”. Niente colpi di testa, orsù! Restiamo irreggimentati che Amazon e Shein ci vogliono attenti alle “offerte lampo”. Bisogna immantinentemente imparare a fare sup e seguire immancabilmente gli Europei, soprattutto, la pubblicità di Tik Tok in Eurovision sui cartelloni pubblicitari a bordo campo. Un babbiamu! Niente selvaggiume!
…Normale quindi che “Picchì un t’ammazzi?!?” questa mattina sia il grido di battaglia degli automobilisti di zona via Sampolo-Laurana (Palermo). “Picchì un t’ammazzi?!?” è selvaggio, certo, l’unico modo di essere selvaggi e apparentemente rivoltosi; ma non è quel tipo di selvaggiume saggio di cui sopra. E’ semmai potere, violenza, prevaricazione.
Carli e Paniccia parlano in merito di “neo-emozioni”, intese come attuali “strategie di controllo” emotivo che evitano la conoscenza dell’estraneo e organizzano i rapporti sociali entro dinamiche perverse di possesso e di potere a-produttivo e asimmetrico, ingessando la relazione in cicli ripetitivi di stereotipi imperialisti. L’eterno Ritorno “cotto e mangiato”, insomma! E questo “senza sapere né leggere, né scrivere”, come si dice qui. Ma, soprattutto, senza sapere che la relazione con l’estraneo “rappresenta lo stadio più evoluto e produttivo dell’esperienza umana. Stadio che è importante nella vita lavorativa, nella partecipazione organizzativa, nella vita ludica e nello sviluppo culturale di persone, gruppi sociali e d’intere popolazioni”.
Stereotipi, copioni, ignoramento dell’Altro, imperialismi, violenza, induzioni dei bisogni-da-tik-tok… E’ davvero questo che vogliamo?
Io rispondo con un altro pezzo di Nietzsche, leggibile a patto che accettiamo di essere un po’ estranei a noi stessi, un po’ creatori di noi e del nuovo, un po’ selvaggi e rivoltosi come certi pensieri non irreggimentati, soprattutto.
«Vidi un giovane pastore rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca. La mia mano tirò con forza il serpente, tirava e tirava invano! Non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca: “Mordi! Mordi! Staccagli il capo! Mordi”». Quando il pastore taglia con un morso la testa del serpente, la sua volontà si eternizza e l’uomo si trasfigura, diventa signore dell’eternità del tempo: «Non più pastore, non più uomo, – un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!» (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra).
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NOTE di BACKSTAGE:
Ribadisco di essere grata debitrice di questi pensieri ai miei gruppi intimi, riflessivi e formativi, che mi aiutano da anni a non cedere all’orda barbarica dell’annichilimento e del “Picchì un t’ammazzi?!?”. Con “loro” pensiamo, riflettiamo, commentiamo per non perderci cosa c’è oltre le finestre dell’apparenza. …L’antidoto al vuoto sta nella rete, nelle relazioni di pensiero, nell’Altro.
Mi è entrata un’amarezza in corpo…