C’è la guerra, come in ogni guerra.
Il contrabbando di zuccheri-in-pass-verdi mi shocca, come quell’orecchio martoriato. Siamo in guerra.
Il mercato di schiavi, i ritmi da schiavi. Il contrabbando di corpi. Il pus. Il potere.
Lo vedo nel corpo di quella donna, mia nonna, con le piaghe intorno al viso. Il potere del cupio dissolvi.
Siamo in guerra. Le ferite narcisistiche mangiano viva e vita. Sono le “prime necessità”.
Siamo in guerra. Dinamiche arcaiche. E’ la crisi.
Il caffé amaro no: “già amara è la vita”, dicevano. Non resta che contrabbandare.
Siamo neri, non per caso, ma di rabbia, livore, vendetta, depressione nera.
Il mercato è nero, la fame è nera, gli schiavi sono neri sullo zucchero bianco. Sei diventata nera(neranera). Tutto è insieme e apparentemente staccato.
Così ti ritrovi così: generazioni sovrapposte, nemiche, asfaltatesi l’una con l’altra. Impotenza, sterilità. Morte, lei sempre nera.
Così ti ritrovi così: in guerra, donna, a 38 anni. Fucile in mano senza saperlo usare, pus. Perché la guerra? Io sarei scappata in Svizzera.
Non c’è fuga dal mercato padre di figli del contrabbando di soldi, di tempi, di dati, di ovuli, di pass, di sensibilità. “C’è qualcuno che me li impresta!”.
E’ la guerra, come in ogni guerra: produce organi, tabacchi e pirati, figli del nero, di quel dark web, di quel petrolio: figli africani del mare ne’, annegati nei commerci di virus sbagliati. “C’è qualcuno che me li impresta!”.
E lei di fatto nel nero buco buio del culo del mondo muore, è morta, tumefatta. Nell’orecchio di quella donna. L’umanità.
Triste.
Vorrei spezzare però una lancia a favore del nero: il nero sta su tutto, pure sulla coperta del cielo di notte, è il nero che ti mostra lo scintillare delle stelle lontane che col pensiero ti portano lontano, è dal nero delle ombre di mani esperte che puoi ammirare giochi di animali sui muri bianchi, ombre che prendono forma e vita e stimolano la fantasia. Il nero del buio che non vedi fa paura come le incognite della nostra vita, però ti ricorda che ci sono le orecchie per ascoltare rumori che la vista copriva, il tatto per evitare di inciampare, l’olfatto e il gusto che magicamente trovano immagini e suoni mentre gli occhi sono chiusi. E quando sei in fondo al pozzo, nero nero e umido e ti sembra di non poter uscire vedi sempre la luce sopra, da cui può emergere una mano tesa o una corda.