di Dora Pistillo
Non sono la latitudine a far la differenza, i geni o quante lauree si possano sommare in una data popolazione. Quanti soldi in un conto in banca o l’ambiente – in ogni senso – di provenienza. In effetti, nemmeno il culto professato dice molto. È una questione di buon senso, ma anche di vera consapevolezza nella partecipazione al progetto “Esperienza sul pianeta Terra”.
Terra/Gea/Gaia è da venerare. Altrimenti che ci faceva tra le divinità?
Vabbè, siamo in tempi in cui – quando va bene – si pensa sia necessario promuovere leggi che puniscano delitti contro il genere femminile (come se fatta la legge non si possa trovare l’inganno) piuttosto che spendere individualmente del tempo per trasformare la visione umana della vita. Femmina, maschio, eterosessuale, omosessuale, transessuale, pansessuale e tutto il resto. Davvero una persona deve stare a capire in che categoria vuole essere inserita? Non basta essere “umani”? Perfino cercando lavoro capita che venga chiesto in quale genere ci si riconosce e – scusate il gioco di parole – in genere non si può nemmeno spuntare la casella “sono fatti miei, a lavoro mica ci vado per rimorchiare”.
Cambia molto se in ospedale la persona che analizza il sangue o tiene i ferri in mano in sala operatoria, nel sacrosanto poco tempo libero di cui dispone, cerca moglie, marito o entrambi?
Non mi sembra una priorità nemmeno cavillare se sia più politicamente corretto usare il maschile, il femminile o il neutro. Tanto a me bisogna diate del “Loro”, con la “L” maiuscola. No, scherzo, basta del “voi”. Scherzo ancora, se bisogna perdere tempo per queste scempiaggini, in Pronto Soccorso il documento provate a compilarlo voi dopo l’autopsia.
Due generi per me son pure troppi. Perché è da questa divisione che si è iniziato a pensare: “ma tra maschio e femmina, chi butto giù dalla torre?”. Non illudetevi, quando qualcuno si sente legittimato a compiere qualcosa di scorretto perché l’altro è “diverso da sé” o ci è o ci FA. Ciò che muove comportamenti scorretti sono Paura o Ignoranza. O paura per ignoranza.
La divisione in generi è sorta per una mera esigenza sociale, legata a peculiarità anatomiche da cui derivano date caratteristiche. Quando non importava a nessuno di che lunghezza fossero i capelli e con chi si preferiva giocare a carte, importava solo se un corpo poteva potenzialmente ospitare una nuova creatura.
Naturalmente, per continuità di specie, prima o poi gli esponenti dei due tipi dovevano conoscersi almeno un po’, era auspicabile ci fossero unioni formali (più che altro, per comunicare alla società in che situazione ci si andava ad immischiare ed evitare mescolanze inopportune tra consanguinei) e si dedicasse del tempo alla reciproca esplorazione.
Se poi si aveva una qualche simpatia per qualunque altro soggetto al di fuori del nucleo sociale minimo – che a volte esisteva solo il tempo necessario per permettere la procreazione –, beh, citando una vecchia pubblicità di gelati: “du gust is megl che uan”; non è semplice trovare qualcuno o qualcosa con cui intendersela, ma il dovere sociale è dovere sociale. Non è caso o capriccio se alcune società prevedevano che un uomo avesse più mogli o una moglie più mariti; dipendeva da contingenze1. Se in un certo periodo nascevano più maschi o più femmine, gli equilibri potevano perdersi. D’altra parte, in alcune culture era previsto che una donna rimasta vedova sposasse il fratello del defunto. In altre, che le donne vivessero per conto loro con i figli; gli uomini servivano solo ed esclusivamente per l’accoppiamento, poi erano pregati di andarsene per non turbare la quotidianità di una donna impegnata con mutande e calzini lasciati in giro.
Ah, già, vi domanderete: “che c’entra tutto ciò con l’Isola di Pasqua?”.
Beh, avrete capito che m’importa assai poco chi siete e come volete spendere la vostra esistenza, purché siate felici e rispettosi. Importa che ricordiate, ogni santo giorno – a prescindere da “come siete e come vi sentite dentro” – di riflettere sul fatto che ci vogliono più alberi, tanti di più, meno macchine in cui viaggia una sola persona, più attenzione alle conseguenze di ciò che si fa; mica vorremo finire come quei cretini che si sono estinti perché hanno buttato giù anche l’ultimo albero per trasportare un inutile pezzo di pietra con cui il divino non sapeva proprio che farci.
1 "Filosofia della c. (o contingentismo)": indirizzo di pensiero sorto in Francia nel sec. 19° come reazione al positivismo e al materialismo; esso negava il carattere di assoluta necessità delle leggi naturali, affermando conseguentemente la contingenza delle varie forme di realtà ( https://www.treccani.it/vocabolario/contingenza/ )