Parlare vs comunicare vs comunicare all’estero

Con buona pace della mia laurea in Relazioni Internazionali mi trovo spesso a sottolineare che saper parlare una lingua è diverso da saper comunicare in quella lingua. In generale parlare è diverso da comunicare. Vedi i politici, ad esempio, che parlano e parlano ma alla fine cosa comunicano? Comunicare vuol dire scambiare messaggi efficaci. È un atto volontario e programmato di scambio al fine di raggiungere un obiettivo. Non si scambiano solo parole ma anche elementi non verbali che sono usati per raggiungere uno scopo. Lo scopo varia a seconda del contesto: lo scopo di un un discorso politico è diverso da quello di un povero cristo in vacanza all’estero che deve chiedere “scusi, dov’è il bagno?” (anche se alla fine, il più delle volte il risultato é lo stesso, LOL).

Quando comunichiamo (soprattutto in quella lingua che gli studiosi di comunicazione e i linguisti chiamano bad english) con persone di altre culture dobbiamo sempre tenere in conto i rischi di incomprensione derivati appunto dalle differenze culturali legate agli stereotipi e alle percezioni cognitive proprie dell’altra cultura. Se non si ha familiarità con queste ultime si può, infatti, incombere in imbarazzanti gaffes. Un esempio su tutti: Berlusconi, che con le sue uscite – diciamo così – non politically correct su razza, sesso e tabù vari, ci ha fatto (e continua a farci anche per altri motivi) vergognare.

Quando studiavo queste cose all’università mi trovavo a “calare la testa” concordando sul fatto che paese che vai, peculiarità culturali che trovi ma non avevo realmente fatto i conti con la realtà di vivere all’estero (amen, professor Balboni!). Ora, non è che viva tipo in Finlandia ma checché se ne dica, italiani e spagnoli non sono ‘a stessa cosa (con incontro parallelo degli indici delle due mani). Anche qui nascono problemi comunicativi a volte. 

Se qui nel sud della Spagna dico “ci vediamo al mediodía” non vuol dire che ci vedremo necessariamente a mezzogiorno ma più o meno in quelle ore di tarda mattinata e primo pomeriggio. Così come “mañana por la mañana” (domani mattina) per gli andalusi è sempre comunque almeno dopo le 10 am. Se vuoi incontrarti con qualcuno prima delle 10 am devi dire “a primera hora” (nelle prime ore della mattina). Del resto le percezioni del tempo rappresentano delle variazioni culturali che influiscono nella comunicazione in quanto ogni cultura ha il suo “ritmo di vita”. Bisogna fare attenzione: sapete quante occasioni di appartamenti mi sono bruciata perché chiamavo l’agenzia inmobiliaria alle 9 di mattina? Alle 9 manco i bar so’ aperti! 

Quindi, ok, puoi studiare tutta la grammatica e la letteratura straniera che vuoi ma se vuoi comunicare efficacemente devi imparare a riconoscere quali sono tutti quegli aspetti culturali che possono influire sulla riuscita della comunicazione, quali valori, forma mentis, elementi extralinguistici, pregiudizi e stereotipi. Ok? Noi ci vediamo alla prossima gaffe! 

3 thoughts on “Parlare vs comunicare vs comunicare all’estero

  1. Non é questione solo di tempo, a volte non ci si sintonizza mai. Non si puó studiare purtroppo, ma ci sono dei modelli di comunicazione interculturale che si possono seguire e, ovviamente, prima lo facciamo meglio é. Dipende da cosa fai all’estero: andarci in vacanza una settimana è diverso da lavorarci! Il modo migliore per “aggiustarsi” è quello di sbatterci contro la faccia non a livello lavorativo ma sociale, sperando che le gaffes non siano troppo gravi :) Se volete nella prossima puntata faccio una collezione di “cose di base” da sapere per comunicare all’estero! È molto interessante :)

    • Uao, perché no :) ? In fondo “globalizzazione” mica dovrebbe essere solo a ora di acquisti Inter-mondiali stile Ali express…

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