Borgo Borzellino – Città Fantasma torre fascista casa del despota scuola sede del partito fascista portici della locanda Scuola
Ma insomma, alla fine che differenza ci sta tra le prime due foto e quelle del borgo abbandonato?
Che scarto c’è tra una città fantasma e una nazione dimentica dei suoi abitanti (o persone dimentiche di se stesse)?
In quel borgo non ci andò mai a stare nessuno, non fu mai finito. Come tante infrastrutture e tante promesse irrisolte, per cui dalle nostre terre i più emigrano. Differenza sì, lo è: questione di peli. Lo spopolamento resta. Resta, come nel borghetto, la promessa di un’istituzione forte, tipo “madre patria” o “padre stato”, lì rappresentata dalla torre fascia da cui il ducetto del luogo avrebbe dovuto arringare la folla. Su questo siamo più ferrati oggi: in effetti ci arringano, ci manipolano, ci Goebbellizzano allungandosi palchi e piedi e fotocopiando facce per moltiplicare l’impressione di affluenza, di avere una buona fama. Ma i fantasmi, gli scheletri nell’armadio, prima o poi vengono fuori e oggi si potrebbero chiamare ad esempio “astensionisti”. “Siamo un partito – qualcuno dice – con degli ideali precisi che andrebbero ascoltati!”; e devo dire che io sono concorde. Perché i fantasmi hanno sempre qualcosa da dire, il passato è ripieno sempre. C’è un libro di nome “La sindrome degli antenati” che spiega come le storie irrisolte – se non ascoltate – si ripetano coattivamente.
Ecco perché, in fondo, l’incuria degli oltre 100 borghi abbandonati d’Italia, le cui arringhe sono scritte da anonimi-assenti su muri sardonici che schiaffeggiano o buffuniano allegramente, è la nostra incuria, la nostra assenza: quella delle bandiere strappate dei seggi elettorali (il giorno prima e il giorno dopo “scuole”), simbolo e monito di una inabitabilità dei luoghi e delle menti; quella dei miei compagni di fila con le balle scassate che scalpitano e premeditano di non aspettare il loro turno, “ca ddà rintra pari ca ci stannu faciennu a mammografia, vuol dire!!!”, come se stessimo a discutere di pane & panelle chi milinciane fritte e non di futuro & futuribilità; quella di colori vividi solo su cartelloni i cui motti di giustizia, integrazione ed equità valgono solo come favolette per i bambini; e quella delle uniche bandiere presenti: loro, appese per fungere da vani festoni.
Alea iacta est, e certi politici – in fondo lo sapevamo – sono un orrore etico ed estetico, come dice il professore Lo Verso, di cui tuttavia di parla mentre noi, tutto sommato, restiamo assenti come popolo.
Del borgo fantasma, come per ogni fantasma, resta un fascino, delle caratteristiche coerenti, dei tetti prevedibilmente cadenti, dei rumori vacui di finestre diafane, spettrali per definizione e pure dei progetti di trasformazione & valorizzazione in hub turistici.
Anche così, comunque, mi pare che possano dire qualcosa di noi e meglio di noi: vani, vacui, abbandonati popoli fantasma, recuperati per i capelli grazie a qualche picciolo dopo decenni di crolli strutturali...
Prima pagina venti notizie | ventun’ingiustizie e lo Stato che fa | si costerna, s’indigna, s’impegna | poi getta la spugna con gran dignità
(F. De André, Don Raffaé).