E’ andata così: che un giorno si decide di accettare di svolgere un primo colloquio per cambiare lavoro e andare – tu pensi – verso una maggiore stabilità; del tipo: mollare il lavoro in XXXX con cui si mette dignitosamente il piatto a tavola quando non c’è altro, finirla con i turni precari comunicati a stretto giro in base all’umore del capo e che non danno continuità, ed anzi portano a disdire feste, viaggi, sabati e domeniche o a non poter progettare spese extra o piccolissimi vizi per via del non saper mai quanto ti attocca a fine mese… etc. etc. etc.
Così, capita che si accetti un colloquio; niente di straordinario, un lavoro da operaio, ma almeno un po’ di stabilità, tredicesima, quattordicesima, ferie pagate e come dio comanda, malattie, orario di inizio e orario di fine, busta paga certa… etc. etc. etc.
Al primo step del processo di selezione, si parla in call con quelli delle risorse umane: 20 ore settimanali part-time, stipendio da Contratto Nazionale dei lavoratori, ogni tanto qualche straordinario, tutto in regola e pagamenti puntuali. Siete reciprocamente interessati. A quel punto ci si incontra e ti confermano tutto. Ovviamente, spieghi che sei interessato, ma che devi dare un preavviso decente a chi ti ha aiutato a vivere dignitosamente mentre non c’era altro e che per un part-time manterrai comunque qualcuno dei lavoretti saltuari che continuavi a fare, tanto i fine settimana sono liberi e comunque con lo stipendio di un part-time o ci si mangia o ci si paga l’affitto; però ok cambiare, così magari, a un certo punto, con un vero contratto potrai avere una vera pensione.
Ok! Sei piaciuto e si va avanti. Inizi a valutare come stravolgere la tua vita, cosa che – dato che non sei più giovane e sei pure neo-papà con una neo-mamma che lavora anche lei e nessuno dei due ha famiglie di supporto – necessita di alcune accortezze. Inizi pure a parlare con chi ti ha messo il piatto a tavola mentre non c’era altro. Quindi step finale: terzo colloquio direttamente in azienda, col responsabile. Lì c’è la realtà, senza il velo dell’illusione: “no, nessun part-time, semmai sono contrattualizzate solo 20 ore; le altre 16/18 le farai quasi sempre, senza garanzia, ma devi comunque essere reperibile e disponibile; di queste, 16 sono pagate con una formula particolare ics che lo prevede, ma 2 no, sono prestate gratuitamente e se è il caso vengono recuperate in seguito, ma chi rinuncia a recuperarle, sai… ne tengo conto; il sabato mattina si lavora, certo; orari: alle 8 in azienda, in mezzo alla mattinata 10 minuti di pausa, ma chi rinuncia viene guardato con maggiore riguardo; ore 13 pausa pranzo, ma chi rinuncia o la fa piccola viene guardato con un occhio di riguardo; ore 14:40 si rientra, in mezzo al pomeriggio 10 minuti di pausa, ma chi rinuncia viene guardato con maggiore riguardo; l’orario di lavoro terminerebbe alle 18:30, ma l’ultimo che ha osato andar via puntuale è stato allontanato con sdegno: almeno si resta fino alle 19. Hai famiglia? Anche quello e abitava più lontano. Ovviamente, durante le ore di lavoro non si guarda il cellulare.” Intorno, una serie di divise scansionano codici a barre senza alzare gli occhi sull’intorno: manca il tempo, ma tu sei piaciuto. Non si parla d’altro: è discretamente chiaro come andrà con le malattie, le ferie, la tredicesima, e “quale quattordicesima?”. Sei rimasto stonato. Non riesci a pensare. “Ma non mi avevano detto altro? …E’ un’occasione… Sarebbe un’occasione. …Lo fanno tutti… Sarei pazzo a rinunciare… In Sicilia non c’è niente… A 40 anni devo solo ringraziare…”. E’ tardi. Sei stonato. Non riesci a pensare lucidamente. La risposta entro domani, ma chi la dà prima… un occhio di riguardo! E manco il tempo di pensare.
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Vedete, questa è solo una delle vere cronache da una vita vera nel mondo del lavoro in Sicilia. Altre storie hanno a che fare con retribuzioni in nero a 5 euro l’ora, ove non puoi mai assentarti o chiedere qualcosa perché anzi che ti sto dando l’occasione; con insegnanti che, pur di fare punteggio per lavorare con una reale retribuzione in futuro, lavorano gratis nelle paritarie; con buste paga fittizie da cui si restituiscono in contanti una parte dei soldi al capo; con parolacce a una dipendente perché ha osato rimanere incinta… e devi sempre dire: “grazie, grazie e grazie”.
Ditemi voi se questo è un uomo,
o che uomo potrà diventare…
Ma manco il tempo di pensarci.
Il capitalismo non è più uno stile di vita sostenibile
Concordo totalmente… E si spende tanto anche di cure per mobbing, burn out, somatizzazioni, divorzi, etc. A parte che oramai anche il termine “sostenibilità” è stato mercantilizzato e strumentalizzato.
madonna sì, amen!