Ma il cielo è sempre più BUH

“Arrivederci” è la scritta di dubbio materiale posizionata su viale Regione Siciliana, altezza svincoli autostradali in entrata e in uscita da Palermo. La scritta campeggia su delle aiuole raramente floride (più spesso abbandonate a se stesse come noi cittadini) ed è stata collocata a lato di un grande pilastro – giustamente deputato a illuminare uno svincolo sede di vari crocicchi moderni – che da mesi e mesi, forse anche da un anno, giaceva inutile con i fari rovinosamente crollati ai suoi piedi a mo’ di orrido fiore di metallo che ha perso i petali. Deflorato, insomma. E ignorato. Come a ricordargli la sua inutilità!
E cosa è utile allordunque, mi chiedo, se un punto in cui si snoda una rotonda (precisamente quella di via Belgio) e si incrociano 6 strade circa (autostrada compresa) può essere lasciato per mesi e mesi e mesi e mesi e mesi AL BUIO?

Il pilastro, proprio come noi cittadini, penso abbia avuto in questi mesi più domande che risposte sul suo medesmo status sociale.

Ed in effetti io stessa mi sono ritrovata in una situazione simile diverse volte in questo 2023. Ma, lungi dal fare inutili bilanci in tal senso, ve ne narrerò solo una: la più recente.
Qualche giorno fa, dopo aver subito una frode informatica (ebbene sì, in 30 anni di onorata carriera-web, almeno una volta mi doveva capitare di farmi impaccare da un sito farlocco!), mi reco in polizia per denunciare l’accaduto. Il poliziottino che mi apre la porta, l’unico di una caserma di paese a presidiare il fortino istituzionale, sembra palesemente turbato dalla mia presenza. Dopo una breve attesa, mi lascia accomodare e mi chiede il motivo della mia visita. Narro della frode e lui si acciglia e inizia a dirmi che non vale la pena procedere. Io mi acciglio a mia volta e chiedo spiegazioni. A quel punto lui, sbuffando, dice che è tutta colpa della legge Cartabia, per cui non accadrà nulla ai responsabili, io sarò costretta a presenziare ad un processo a Milano o in Cina, forse a prendere l’avvocato; tra un “fa prima a non fare niente signora” di qua e un “fa meglio a non fare niente signora” di là… Finalmente si convince a prendere i miei dati, ancora un po’ emiparetico per il turbamento. Eppur tuttavia, continua a non farsene una ragione ed a mormorare con occhi socchiusi e diffidenti la frase stringente: “Che dobbiamo fare?” (sotto-testo e meta-testo: “S’innisse! Io ritiro solo pacchi!”). Lì faccio l’unica cosa utile che mi sovviene: gli rilancio la palla avvelenata: “Mi scusi, lei mi sta dicendo di andar via? Mi sta dicendo che non vale la pena denunciare? No, perché visto che continua a chiedermelo, mi dica lei cosa è meglio fare!”. Ed ecco che, magicamente, quando gli ridai le responsabilità delle loro parole scoranti, questi tizi alzano le braccia e iniziano mollemente a fare il loro lavoro, tipo chiedermi le generalità. Mentre raccoglie i miei dati, lui, però, è indefesso (ed è quasi da oscar per tale costanza) e continua a tentare monocorde di dissuadermi, finché… non fa un sussulto di gioia per via del rumore di un furgoncino! Si alza, esce dall’ufficio quasi dinamico e rientra poco dopo con le braccia cariche di pacchi-regalo direttamente dal corriere. Arriva anche un altro poliziottino che mi pare parli incomprensibilmente; capisco però che chiede del corriere, non del lavoro (certamente no!), per poi, a rassicurante risposta ricevuta, tornare a defilarsi da qualche altra parte.

Messa in attesa, io mi sono guardata intorno, mi sono impietosita per lo squallore di quella condizione psico-morale nonché per la presenza di un albero di natale con le palle di velluto + inserti in oro degli anni ’30 e ho richiamato alla mente con pazienza quella letture secondo cui

a fronte del crollo dei garanti meta-sociali e meta-psichici ( = del vuoto cosmico offerto in termini di tutele e garanzie dal sociale attuale) e a fronte delle conseguenti incertezze e angosce che il singolo vive, il mondo attuale è progressivamente disinvestito e l’individuo tutela solo il proprio minuscolo universo egoistico.

Su questo pensiero, anche se ce l’ha murritiata reiteratamente con le sue inutili e pigre paranoie, il poliziottino baffutino mi fa quasi pena! Così, quando si risiede e ricomincia con la giaculatoria sull’inutilità della mia denuncia, sospiro e gli dico con calma: “Guardi, se non fossi stata in ferie magari non sarei qui, ma sono in ferie e mi sento di fare il mio dovere di cittadina! Se non facciamo mai niente neanche quando abbiamo un po’ di tempo, cosa vogliamo pretendere poi?!?”. Non capisco se ascolta o no e nel dubbio glielo ripeto due volte. “Tutta colpa di Cartabia!”, continua a mormorare. Sospiro di nuovo: “Guardi, io capisco che per voi deve essere frustrante dato che purtroppo poi non si muove nulla, seguo dei suoi colleghi e so che non è facile, però io ora sono qui e…”. Ok, si ridesta. Mi chiede che lavoro faccio. Perché su questo si ridestano quasi tutti? Oltre al ruolo sociale, un cittadino non conta?

In ogni caso, inizia a quel punto a scrivere e a spiegarmi che oggi, se non c’è un denunciante che va avanti con querele e processo, neanche uno stupratore sarà punito perché gli uffici sono troppo pieni di pratiche; motivo per cui Cartabia ha varato questa riforma che deresponsabilizza i pubblici ufficiali dal perseguire un malfattore, a meno che non sia la vittima ad avere i co***oni quadrati (questo ovviamente non lo ha detto lui) e non sporga denuncia entro 10 giorni dall’accaduto, andando poi avanti a ca*** d*** (neanche questo ovviamente lo ha detto lui) .

Sospiro di nuovo e mi vengono in effetti in mente tutti gli altri poliziotti e avvocati depressi incontrati ultimamente; pure una giudice, vi dirò. Tutti detentori e interpreti di una legge inesistente che – esattamente come quel palo ignorato da mesi e mesi e mesi, ma perculato da un “Arrivederci” di dubbio materiale posizionato al suo fianco – stanno lì inutili, deflorati e ignorati, di fronte a una cittadina come me che vorrebbe poter credere nella speranza di una giustizia, ma che purtroppo finisce per essere quell’antipatica verruca che ricorda la loro inutilità. Così fu con quell’altro poliziotto sconsolato che raccolse la nostra recente denuncia di furto auto, con quel giudice talmente pavido da accettare di essere preso per il culo da miei conoscenti melmosi e truffaldini o con quegli avvocati che sono così inconsciamente sconfortati dal non senso della loro professione da lasciarla consistere in copia & incolla burocratici e da avvallare a testa bassa qualsiasi provvedimento poco limpido che gli capita tra le mani o da temere e scoraggiare gli atti di coraggio di clienti più onesti o combattivi (la parcella, non temete, arriva comunque).

…Il conforto? Sta nella consapevolezza che i “sani” esistono: sono coloro che NON si adattano a questo sistema malato e che vengono a chiedere aiuto da noi psy per capire come non farsene fagocitare!

Per il resto, c’è il poliziottino che cerca, tenace, di abbattermi fino alla firma finale e su questa un po’ cedo: penso a noi cittadini abbandonati a noi stessi e a me, alla profonda sensazione di inettitudine con cui fare i conti andando via dopo aver detto di nuovo, auto-incoraggiandomi (forse stupidamente): “Sento di fare il mio dovere di cittadina! Se non facciamo mai niente neanche quando abbiamo un po’ di tempo, cosa vogliamo pretendere poi?!?”… Quasi un mantra consolatorio per non morire di impotenza, forse inutile come quel palo che dovrebbe far luce e invece… il cielo è sempre più BUH.

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