Vivo in una città stupenda, Siviglia. Un città ricca di storia, di tradizioni, di architettura, arte, cibo, movida e vitalità. E di nessuna di queste cose ho goduto negli ultimi tempi.
La qualità della vita, oltre a misurarla attraverso il PIL, l’istruzione, la sanità eccetera, la si dovrebbe calcolare anche sulla base del tempo che una persona ha a disposizione per “vivere”. Del resto si tratta appunto di qualità di “vita”. Quando non si ha più il tempo di godere di certe condizioni, di prendersi cura di se stessi, di coltivare amicizie, di fare attività o di partecipare attivamente nella comunità ecco che non si parla più di vivere ma di “sopravvivere”.
Ed è quello che è successo a me nell’ultimo anno. Ho messo il pilota automatico e sono andata avanti a oltranza, per inerzia. Senza rendermi conto di quello che stava accadendo al mio corpo (ho avuto problemi di salute) e alla mia mente. Durante gli ultimi mesi ho addirittura sviluppato una sorta di corazza emozionale: mi sono anestetizzata al fine di non “sentire” niente. Se negli ultimi mesi avessi lasciato libero sfogo ai miei personaggi di inside-out, non ce l’avrei fatta a “sopravvivere”. Le cose che prima mi emozionavano, mi fanno venire l’ansia. Uscire mi fa venire l’ansia, organizzare un party di capodanno mi fa venire l’ansia, fare una mini vacanza mi fa venire l’ansia, scrivere per Abattoir mi fa venire l’ansia. Ho preso 10 kg, poi li ho persi, poi li ho ripresi, poi ne ho presi altri 5, perché mangiare è stato l’unico modo per riempire ciò che mi manca: vivere.
La causa di tutto questo è solamente il fottutissimo capitalismo. Turni infernali, pochi riposi, nessun aiuto da parte dell’azienda che mi ha spremuto fino all’ultima lacrima, nessuna prospettiva di ricompensa. Ed è per questo che ho deciso di dare le dimissioni. La mia vita vale di più di un lavoro di merda! Purtroppo non sono riuscita a mettere da parte quasi nulla, perché oltre al danno la beffa: lavorare full-time fino a 25 giorni su 30 a quanto pare non ti fa arriccchire. Ma me ne frego! Me buscaré la vida, come dicono qua, mi arrangerò. Sono una donna dalle infinite risorse. Risorse che nell’ultimo anno si sono prosciugate, hanno solo bisogno di essere alimentate. Ho bisogno di tornare a sentire. Di tornare a vivere. Non sto pensando al futuro, l’unico momento sul quale riesco a concentrarmi è il giorno in cui mi alzerò da quella scrivania e me ne andrò sorridendo.
Comprendo appieno e mi fa piacere che alla fine qualcosa si sia mosso. Io ho avuto una situazione simile. Forse chi mi stava intorno non riusciva a comprendere fino in fondo ciò che turbinava dentro. Ma il corpo e certe capacità cognitive ne hanno risentito. Coraggio sempre. Forza a te. Leggi la storia degli alberi di gingko a Hiroshima. Io scommetto su di te.
E buona Pasqua di Resurrezione.
“La nascita non è mai sicura come la morte. E’ questa la ragione per cui nascere non basta. È per rinascere che siamo nati” (Pablo Neruda). É vero, il fottuto capitalismo non vuole… Ma noi sì forza Cri!