Mi chiedevo in questi giorni su cosa avrei scritto. No: il caldo non mi ha ancora prosciugato il liquor cefalo rachidiano, le sinapsi o la materia grigia&bianca tutta. Semplicemente, le cose per cui mi arrovello le ho già sciorinate qui e lì nel tempo. In questo momento, ad esempio, sono galvanizzata di nuovo dal tema “traffico” ed entusiasta di nuovo del tema “Palermo è invivibile, menomale che mi sono trasferita in un paesino ove in 15 minuti vado in 3 uffici comunali diversi risolvendo le mie beghe e tornando a casa anche coi nuovi secchi dell’indifferenziata”.
Ad essere realisti, però, menomale un corno, e questo almeno per 2-3 motivi:
1) Il più semplice è che ogni santo giorno feriale mi imbarco in autostrada per un tragitto a/r che mi porta da casa a lavoro (a Palermo) e viceversa (e qualche volta a trovare i miei cari in giorni prefestivi o festivi); ergo, vivo ugualmente la perniciosità cittadina quotidie.
2) Con la città si ha a che fare avendo spesso a che fare coi suoi abitanti (es.: pazienti, esercizi commerciali, amici, parenti, luoghi).
3) Con la città ho a che fare avendo a che fare ininterrottamente con le mie appartenenze psichiche.
Intanto, comunque, qualcosa va via via cambiando; pertanto, nonostante il rischio di ripetizioni, penso possa essere utile un generale aggiornamento di sistema in merito a ciò che i miei pensieri osservano mentre percorro spazi, tempi, luoghi e persone.
– Partiamo dall’autostrada, ovvero dal momento in cui abbandono il paesello prescelto per avviarmi verso Panormus. Beh, lungo il tragitto si vedono a sinistra il mare e diritto e a destra il verde (nella stagione non arsa o bruciata dai piromani) e le montagne… al ritorno è il contrario, con sorrisoni di fine-dovere amplificati dagli splendidi tramonti siculi che ho la fortuna di ammirare. E fin qui tutto abbastanza bene. Se! …Se non incontro code chilometriche per andare e tornare… Sapete, le nostre autostrade sono a 2 corsie, compresa quella di emergenza, e gli svincoli sono fatti con curvoni a gomito a doppio senso… quindi code e incidenti capitano! E capitano perfino se devono potare le aiuole! Quindi ecco che già ci si avvia verso l’autostrada con i dovuti scongiuri.
-Appunto, continuiamo con le aiuole: potare le aiuole è un’arte difficilissima. Non tanto concettualmente, poiché nessuno pretende, ipotizzo, garden desiner d’eccellenza made in PA. Qui gli oleandri e le erbacce spopolano ai fianchi delle strade, ogni tanto affiancati pure da qualche albero che resiste alla minaccia dell’espianto e da qualche bouganville; ma per lo più, appunto, abbiamo erbacce secche o floride a seconda della stagione. Camminando in città, spesso si incontrano aiuole vuote o piene di rifiuti e deiezioni. Non esageriamo però tracimando nell’idea di decoro-inteso-come-decorazione. Magari parliamo dell’idea di decoro-inteso-come-cura; non so, come amore per i luoghi non per forza estetico, ma per la pulizia e la manutenzione di base. Ebbene no! La situazione della RAP (o come oggi si chiama qui al sud) la conosciamo tutti e la cura dei marciapiedi comuni ad opera del privato è cosa del paesello e non delle città. Rimangono pertanto le infestazioni: di erbacce, di cicche di sigarette, di munnizze (dati anche i pochi cestini indifferenziati… non dico mica di differenziare!), di cacche di cane, di volantini, di mezzi di trasporto.
-Eh, beh, sì: oltre agli slalom da sporcizia, ci sono anche gli slalom da monopattini o da motocicli o addirittura da macchine posteggiate male (sulle strisce, sui marciapiedi, davanti agli scivoli, strettissime che non puoi passare, etc.). E non dimentichiamo gli slalom da buche e sbalanchi, ché ho una caviglia gonfia per quante volte mi sono mezzo salvata in corner dal fracassarmi qualcosa sui magnifici asfalti di Palermo, come molta della gente che conosco! Disagio generico e pericolo, insomma.
-Ovviamente, se ne deduce che la “situazione traffico” è sempre più devastante. Un perfetto specchio, penso, del narcisismo di massa e dell’individualismo economico di appropriazione che dominano le nostre vite collettive… Lo penso oramai ogni giorno e al contempo penso con una certa apprensione e vergogna ai miei amici che a breve verranno a passare qui l’estate dal nord ed a quanti infarti si prenderanno; e penso pure al mio panzino ripieno e a quante paure si prende mentre guido.
Partiamo infatti dall’ingresso in PA: sul primo ponte che incontro, a matula che metto frecce e rispetto le precedenze: siccome il panormosauro deve passare per forza, ti suona e ti strepita per farsi largo anche se non stai facendo niente di strano. Poi ti suona e ti strepita se vai a 30 in una strada urbana a unica corsia con posteggi a destra e a sinistra e ti suona e ti strepita pure se deve uscire dal posteggio in retromarcia, perché – come dicevo sopra – non esiste più l’idea di un codice della strada che stabilisca le precedenze: “il mondo è mio!”, urla chiunque, quindi io debbo correre in una strada stretta, non mi devo fermare sulle strisce per far passare i pedoni, però mi devo fermare per fare passare chi lo esige a sua discrezione, mentre altri mi rendono sorda e spaventata coi clacson, gli abbaglianti, le urla e gli insulti.
Inoltre, devo avere mille occhi per: (a) non travolgere i motorini che mi sorpassano in curva e contemporaneamente sia da destra che da sinistra, come pure i camioncini o suvvini o pandini che tutti indiscriminatamente fanno lo stesso (ciclisti e monopattinisti sono pure pericolosi, ma più educati almeno); (b) non farmi travolgere da chi sfreccia veloce in dribling in qualsiasi direzione (pure dritto per dritto da un capo all’altro della strada, eh! Una macchina ieri è entrata in una larga aiuola per sbucare dall’altro lato della carreggiata… Non pensiate che qui parliamo solo di sorpassi standard!), da chi esce dalla doppia/tripla fila senza freccia e idem dal suo posteggio in curva oppure da chi è fermo bloccandomi o facendo pericolose manovre perché deve uscire o entrare per forza in un posteggio per moto/Smart con una Jeep (e questo pur di accostarsi di fronte alla scuola del figlio o al panificio)… Venerdì stavo per mettermi a piangere per lo stress e la confusione. Sabato invece era il mio turno di cercare un posteggio (altro argomento pericolosissimo!) e nessuno si fermava manco a pregare o a santiare a mia volta per aver concesso il tempo di una manovra a orecchio; uno, a malincuore, a un certo punto ha sostato e, mentre stavo per entrare di culo a S nel parcheggio, me lo sono trovato appiccicato a destra che tentava di superarmi (o di graffiami la carrozzeria), chiaramente in una strada mono-corsia, ovviamente lui nevrotico, di fretta e urlante di parolacce…
Ora ok, non so se vi siete immedesimati. Fate però anche l’ulteriore sforzo di amplificare ulteriormente tutto questo nel caso di tipici mutamenti climatici quali piogge invernali o caldo squagliante.
Come deve sentirsi ogni giorno una donna che desidera vivere in un mondo a misura d’uomo e in cui gli spazi pubblici siano considerati sacri e indispensabili? Invivibili e così mortificati, invece, richiamano proprio l’invivibilità della comunità, del vivere in comune! E questo è grave!
…Le domande, come sempre, sono più importanti delle risposte… Ma in questo caso più angoscianti… E, a differenza che in altri ambiti, qui non vedo vie d’uscita semplici, se non la lunga cura di una comunità sempre più lorda in ogni ambito di violenti narcisismi.
Queste cose ti lasciano l’amaro in bocca. Lo diceva pure Jonny stecchino che a Palermo il problema è il traffico… ovviamente con sarcasmo. Peró porca miseria quello della diseducazione civile è un problema serio, e non credere che sia solo palermitano! È sintomo, secondo me, delle città grandi, dove si nota di più il giogo del capitalismo, la prescia, la corsa, il mio, io, io, io…