Corsi e ricorsi. Generazioni a confronto. I vecchi che si scagliano contro “le nuove generazioni”. E noi, poveri Millennials vicini ai 40 (cioè quelli nati verso metà-fine anni ’80, a cavallo coi ’90), stiamo nel mezzo, non siamo né troppo vecchi da essere simpatizzanti della generazione Y ma nemmeno tanto giovani da avvicinarci alla generazione Z. Siamo i fottutissimi “X”. Siamo quelli nati quando nasceva il Metal e poi cresciuti coi Nirvana, quelli che hanno cambiato mille volte il modo di usufruire di un qualsiasi servizio (telefoni fissi, cellulari con la Christmas Card, adsl col filo, paint, registra musica sulle cassette dalla radio, compra cd, lettore mp3 con usb, da Napster a Spotify e da Emule a Netflix). Siamo quelli a cui hanno detto che se imparavamo Power Point e Word avremmo governato il mondo. Siamo quelli che i nostri genitori hanno fatto studiare a forza perché “serve un titolo di studi se vuoi diventare qualcuno” (mentre gli Y sono a capo del governo senza nessuna competenza o specializzazione). Siamo quelli cresciuti coi tormentoni dei comici, invecchiati malissimo, e ci commoviamo se la Gialappa’s fa un revival di un vecchio programma. Siamo quelli cresciuti a pane e “We are the world” e che subiamo le crisi di conflitti infiniti. Eppure…
Eppure ho sentito 30enni criticare 20enni. Cioè si sta ribaltando la situazione (meme cit.)! Ci siamo sempre lamentati del fatto che i “più vecchi” ci abbiano dato addosso per tutto: i giovani non hanno voglia di lavorare, non hanno una casa, non vogliono metter su’ famiglia, sono degli irresponsabili, eccetera. Adesso, però, questi “giovani” più vicini agli -anta non si sentono più tanto giovani. O meglio, dato che siamo stati vittime di crisi dopo crisi dopo crisi e ancora viviamo a casa coi nostri genitori o dividiamo un appartamento con erasmus o altri poveri disgraziati come noi, ci sentiamo adolescenti-adulti. In spagnolo dicono “viejoven” (mix tra le parole vecchio/a e giovane). E i primi 40 anni della nostra adolescenza non sono andati benissimo! Quindi come fate a criticare i ventenni?
‘Sta GenZ sempre china sui cellulari, sempre sui social, è una droga! Scusa, caro Millennial, ma tu scurdasti quando tua madre ti ha comprato la Playstation 1 e non ti alzavi dalla poltrona che per pisciare? O vi siete dimenticati delle nottate in stanze Msn? O la frequenza con la quale aggiornavate i profili di MySpace (pace all’anima sua)? Era quello che avevamo e ce ne intossicavamo. Oggi ci sono i social da giovani, che equivalgono alla nostra testardaggine di continuare a scrivere cose del genere su un blog.
‘Sta GenZ che non gliene frega niente del lavoro! Scusa, caro Millennial, lo sai che la tua ansia, stress e vita di merda sono date dal fatto che, influenzato dalla precedente cultura, tu debba sentirti realizzato per il lavoro che fai? A causa dell’individualismo in questa società capitalistica, siamo considerati per quello che facciamo (“tu cosa fai nella vita?”). I più giovani hanno capito che bisogna essere considerati per quello che si è e non per ciò che si fa. Mi pare bellissimo fregarsene del lavoro e viverlo più come un mezzo e non come uno scopo di vita, magari impariamo a scrollarci di dosso lo stress.
Per molti versi i più giovani di noi non sono altro che lo specchio di come sia cambiata la società e soprattutto della velocità di questo cambiamento. Rispondono a delle necessità sociali come meglio credono, così come abbiamo fatto noi “ai nostri tempi”. Credo che prima di criticare dovremmo imparare a comprenderli e a capire che “i tempi sono cambiati”. Facciamo il piccolo sforzo di aprirci alle nuove esigenze, alla nuova realtà, evitiamo di fare come i nostri padri e madri che non hanno mai voluto comprendere che il loro mondo di adolescenti era diverso dal nostro. Che si comportino in modo corretto o no, è questione di punto di vista che di certo non si risolve con un “ai tempi miei”.