Non so se avete sentito in tv o visto sui social le notizie delle rivolte in Spagna contro la massificazione turistica dei centri storici di città come Barcellona o Malaga.
A Barcellona addirittura dei protestanti sono andati in giro con delle pistole ad acqua a spruzzare turisti seduti ai caffé. Caffé moderni e instagrammabili che magari, prima della gentrificazione forzata, si chiamavano “bar Pepe Manolo” e adesso hanno nomi hypster o evocativi ed esotici.
A Malaga la protesta è stata molto più seria, perché i cittadini protestavano soprattutto per la mancanza di spazi abitativi. L’eccesso di turismo, infatti, invoglia i proprietari di casa ad affittare per brevi periodi appartamenti che tolgono dal mercato lasciando letteralmente per strada gli autoctoni.
È purtroppo un fenomeno molto diffuso anche qui a Siviglia: la situazione degli affitti è tragica! Il centro storico ormai è assalito da turisti e pieno di hotel e appartamenti turistici.
Quando venni in Erasmus, nel lontano 2008, vivevo di fronte la Cattedrale e me la godevo di brutto a vivere in pieno centro. Adesso è impensabile poter affittare un appartamento nella zona della Cattedrale e dell’Alcazar. Innanzitutto perché è veramente strapieno di turisti col naso in su e poi soprattutto non ci sono appartamenti in affitto.
Per questo sono nate delle vere e proprie associazioni o collettivi che si riuniscono ed affrontano il problema, chiedendo alla politica un adeguamento di vita e una regolarizzazione degli appartamenti turistici in affitto.
In città è pieno di scritte sui muri, striscioni o adesivi che inneggiano al “barrio libre” (quartiere libero), che se la prendono col turista o con AirBnb. Ormai il centro di Siviglia lo chiamiamo “guirilandia”, cioè parco giochi per turisti, con i suoi McDonalds, Starbucks, Zara a 7 piani eccetera. Ché poi “guiri” è più dispregiativo di “turista”, ma non ho una traduzione in italiano. Se da un lato appoggio questo sentimento di rifiuto contro lo sfruttamento senza scrupoli di risorse che dovrebbero invece essere valorizzate e messe a disposizione dei cittadini, dall’altro temo un odio verso una categoria che ha la sola colpa di essere nata nell’epoca dei voli low cost.
Per anni ho vissuto di turismo e fino a qualche mese fa, ci pagavo l’affitto col mio stipendio da receptionist ma da un po’ tempo a questa parte sentivo già l’odore di marcio che serpeggia nel settore. A parte lo sfruttamento e gli stipendi bassi (non parlo degli stagionali ma di contratti a tempo indefinito), ho visto come il turismo di massa ha cambiato la città che non è la mia ma nella quale ho scelto di vivere.
Personalmente ho avuto la grandissima fortuna di conoscere delle persone meravigliose che mi hanno affittato la loro casa ad un prezzo accessibile e che non hanno neanche lontanamente pensato a sfruttarla “turisticamente”. E per fortuna ci sono ancora persone che credono nella collettività, nel barrio, nell’appoggiare lo shopping locale e nel non disperdere risorse.
Un altro problema che ha portato il turismo di massa è il nuovo colonialismo, come lo ha chiamato La Malafimmina (se nn la seguite, andate a farlo). Conosco personalmente una coppia di statunitensi che qualche anno fa vennero in vacanza e si innamorarono della città. L’anno scorso hanno comprato una casa in pieno centro, l’hanno ristrutturata e la vivono per circa 5 mesi l’anno. Una coppia che ha un appartamento nell’Upper east side di Manhattan e che è piena di soldi! Cosa vuoi che sia per ‘sta gente qualche centinaio di migliaio di euro? E cosí molti americani sia a Siviglia che a Malaga, ne approfittano e si fanno la casa di villeggiatura a pochi euri (per loro). Ditemi voi se questo non è un nuovo colonialismo! Non dato dalla vorza della violenza ma dal potere economico. E noi che la città la viviamo, ci lavoriamo, ci paghiamo le tasse e la consideriamo “casa” non riusciamo a trovare un tetto.
Per fortuna per adesso sono riuscita ad uscirmene dal settore turistico e non alimento questo sistema in cui il turista villeggia in città in delle case da urlo e i poveri cittadini pagano un quarto dello stipendio d’affitto per delle catapecchie fuori città.