C’è stato un tempo in cui i jeans a vita alta, i top all’uncinetto (che ora si chiamano crop top) dalle tinte fluo e le sneakers chunky (le scarpe da ginnastica bombate ed enormi) erano la moda di ogni giorno. Per noi nati tra gli anni ’80 e ’90, questi capi “sobri” erano i nostri tratti distintivi che indossavamo per contrastare le spalline e le frangette anni ’80. E adesso, indovinate, sono tornati di moda ma non tanto come cicli e ricicli storico-modaioli, bensì come “capi vintage”. Le buon arme di Fornarina e Fiorucci se la ridono alla grande! Vivace mix di stili tra una treccina colorata e un telefono cellulare a conchiglia, queste mode sono considerate oggi pezzi da museo e fonte di nostalgia. E pensare che per noi erano il pane quotidiano!
But why? La moda ha una tendenza ciclica e ogni 20-25 anni ripropone tendenze che erano considerate out. Noi millennials oggi vediamo i giovani indossare ciò che un tempo furono le nostre scelte di stile e ci sentiamo vecchi, da museo: tutto ciò che rappresentava la normalità per noi a quell’epoca adesso è considerato vintage! Me l’aveva detto mia madre di non buttar via la tuta acetata verde e fuxia in stile Principe di Bel-Air! Quella tuta che negli anni 2000 rappresentava il male puro (era troppo out!) oggi è un capo d’abbigliamento must have per gli adolescenti di tutto il mondo. Mia madre lo sapeva, d’altronde, visto che aveva buttato tutti i suoi jeans a zampa che erano tornati alla ribalta!
I social media, in particolare, hanno dato nuova vita a questo fenomeno. Hashtag come #Y2Kaesthetic e #90sfashion sono invasi da adolescenti e ventenni che reinterpretano in chiave contemporanea l’estetica del nostro passato. Vestirsi come un millennial anni ‘90 è diventato trendy, con l’ironia che proprio coloro che hanno vissuto quegli anni si trovano, oggi, in un paradossale revival. Chi oggi veste i nostri vecchi panni non ha idea di cosa significhi vivere in un mondo non globalizzato, senza internet o i social, senza fotocamere nei cellulari e senza Netflix.
E se questo fenomeno non sia solo una questione di moda ma un ritorno più ampio a un’epoca che molti percepiscono come meno complessa e più autentica? E se non si trattasse solo di nostalgia ma di un desiderio di recuperare sensazioni, abitudini e valori che sembrano smarriti nella frenesia del presente? Noi cresciuti negli anni ’90 ricordiamo un presente non filtrato dagli schermi e le relazioni sociali senza intermediari digitali. Era un’epoca in cui non esisteva il “tutto e subito” e c’era il fascino dell’attesa, dal chiamare un’amica al telefono di casa a voler vedere le proprie foto sviluppate.
Chissà se questo revival anni ’90 non rifletta un desiderio di ritorno ad una vita più lenta, a un contesto meno sovraccarico di stimoli, che possa ristabilire una connessione autentica con gli altri e con noi stessi. Personalmente ho visto con sollievo la sparizione dei fuseaux negli anni 2000 ma li ho accolti con grande gioia qualche anno fa quando sono tornati di moda sotto il nome americanizzato di leggins! In altre parole, il vintage non è solo una moda; è una sorta di viaggio a ritroso in cerca di spontaneità e di un po’ di respiro da un presente costantemente interconnesso e immediato.