Una volta mio padre, citando un film con Mario Merola, mi disse: “I figli so’ pezzi ’e core”. Accidenti, quanto è vero. Non lo capivo allora, e forse nemmeno ci credevo: io, che mai mi sarei definito in certi ambiti altruista (anzi, egoista quanto basta per tenere sempre il piatto più grande per me), ora mi trovo a mettermi da parte. Ho una figlia, e per lei mi toglierei persino l’ultima forchettata di anelletti al forno. E se mi conosci, sai che non scherzo.
Poi c’è lo shopping. Sì, quello. Una volta era un campo di battaglia tra me e il mio portafoglio, un modo per premiarmi dopo una lunga settimana, un’occasione per riempire la casa di ogni ritrovato tecnologico. Adesso? Adesso è “cosa serve alla piccola?”. Non è che mi lamento, intendiamoci. È solo strano. Fino a ieri il reparto tecnologia era quello più visitato, oggi il 90% degli acquisti è per una creatura alta un metro, io acquisto giocattoli e libri, sua mamma invece compra vestitini e ha (quasi) smesso di comprare per sé.
Ora, non voglio fare quello che generalizza e dice: “È così per tutti i genitori”. No, non lo penso. C’è chi non vuole figli, chi li avrebbe voluti, chi li ha e non li sopporta (ah, sì, ce ne sono, e non pochi). Io parlo per me e forse anche per una buona parte di genitori che (c’è quasi la vergogna di ammetterlo) vivono per i figli. Magari non esclusivamente, certo. I miei spazi me li tengo stretti, le mie passioni inviolabili le difendo con le unghie, ma alla fine… è tutto un equilibrio (sopra la follia).
Prendersi cura di mia figlia è diventato un piacere. Sì, persino quei dettagli che non avrei mai immaginato. Tipo i capelli. Lei ne ha un cespuglio, spesso da districare, io, beh… il mio cuoio capelluto è una landa desolata. Eppure eccomi lì, ho ancora l’opportunità di fare shampoo, balsamo e treccine, come un parrucchiere nato. Perché mi piace. Perché mi fa felice, mi rilassa. Perché, alla fine, il sacrificio non sembra nemmeno tale.
E forse è questa la magia. Non ti accorgi del cambiamento. Ti ritrovi lì, senza averlo deciso in modo così consapevole come sembra, e capisci che tuo figlio ha spostato i riflettori che avevi puntato su di te, allargando il campo. E scopri che quell’altruismo che pensavi di non avere… era lì, sotto la superficie, pronto a esplodere, o forse continui ad essere egoista, ma consideri tuo figlio parte di te.
Quindi sì, mio padre aveva ragione. Ma se un figlio è davvero un pezzo di cuore, allora è un pezzo che vale ogni sacrificio. Anche quello dell’ultima fetta di torta.